DUE VITE – Emanuele Trevi

 

 

“Noi viviamo due vite, entrambe destinate a finire: la prima è la vita fisica, fatta di sangue e respiro, la seconda è quella che si svolge nella mente di chi ci ha voluto bene.”

 

Non è semplice collocare Due vite in un genere letterario. Il libro di Emanuele Trevi, vincitore della LXXV edizione del Premio Strega, non è un romanzo. Del resto, pur possedendo alcuni dei tratti che caratterizzano il genere, non è certo un memoir. Si può definire un collage di ricordi e riflessioni.

Nel libro Trevi racconta gli scrittori Rocco Carbone, morto all’improvviso in un incidente stradale, e Pia Pera, che invece ha perso “inesorabilmente, giorno per giorno, l’uso del suo corpo” per colpa della SLA. Trevi intreccia le vite degli amici, entrambi scomparsi prematuramente, e le fonde in un’unica storia, imperniando il racconto sui propri ricordi – dunque non racconta due vite, ma tre.

Annodando le fila dei ricordi alle riflessioni sulla letteratura, il libro procede nel racconto di due figure speciali. Nella visione che ne restituisce Trevi, Rocco è un uomo dal carattere difficile e un autore che cerca di raggiungere la perfezione tramite un costante lavoro di lima sul testo, mentre Pia è un’autrice provvista di una dote rara come la leggerezza, nonché un’ottima traduttrice.

Per Trevi la letteratura si appoggia ad un caso unico, e non ha nulla di generale o definitivo. Dalle singole storie astrae considerazioni – spesso tramite divagazioni un po’ eccessive – sul ruolo dello scrittore e sulla letteratura, la cui base “è sempre la storia di quella persona, murata nella sua unicità, artefice e prigioniera della sua singolarità”.

 

Giulia R.

 

 

 

 

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