La recensione – Un amore Partigiano – Concetto Vecchio e Iole Mancini

Nell’ambito del Festival 2022 che si tiene in estate a Villa Ada, ha avuto luogo l’8 luglio la presentazione del libro “Un amore partigiano” – scritto da Concetto Vecchio e Iole Mancini, – organizzata dalla Libreria Tra Le Righe di Viale Gorizia.

È raro oggi avere il privilegio di ascoltare dal vivo i ricordi degli eroi della Resistenza italiana contro il nazifascismo, perché molti di loro sono venuti a mancare. Con questo libro Iole Mancini, che ha 102 anni, ha raccontato la sua storia di Staffetta Partigiana – intrecciata a quella del gappista Ernesto Borghesi, suo marito – con un’incredibile lucidità. Nel ripercorrere la propria vicenda, Iole si è imbarcata in quello che ha definito lei stessa “un viaggio doloroso ma necessario”.

Nel libro, come anche durante la presentazione, ha raccontato di aver conosciuto Ernesto nel 1937, in un contesto apparentemente “banale” come la spiaggia. Ha parlato della loro vita prima della Seconda Guerra Mondiale, ma soprattutto di ciò che è avvenuto dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943, e con l’occupazione dei nazisti a Roma. Ha raccontato di come sia lei che Ernesto siano entrati a far parte dei G.A.P., che lei definisce come “un gruppo di giovani che si ribellarono alle imposizioni dei nazifascisti a seguito della vigliacca fuga del re” (Vittorio Emanuele III ndr). A sentirla parlare si ha la sensazione che Iole Mancini stia raccontando qualcosa che le è successo recentemente.

Parla del suo compito di Staffetta, dei compagni della Resistenza, della paura di essere scoperti dalle forze occupanti – o dalle spie fasciste, – e lo fa con una dovizia di particolari che colpisce chi ascolta la sua storia. Dice di aver avuto paura molte volte sia per il marito che per sé stessa – soprattutto quando fu portata a Via Tasso per essere interrogata, – ma che è certa di non averlo mai dato a vedere. “Non dovevo avere paura”, ha detto a più riprese. Quella di Iole Mancini è, per usare le parole di Concetto Vecchio “anche una storia sul destino, che nel suo caso si è manifestato in maniera benevola, salvando lei ed Ernesto”. Quando le viene chiesto come mai abbia deciso di narrare la sua vita proprio ora, all’età di 102 anni, Iole risponde che aveva tutto questo da raccontare, ma che stava aspettando qualcuno come Concetto, che le ponesse le domande giuste e con l’adeguata delicatezza. Quella di Iole Mancini è una storia delle retrovie, meno nota di quelle di molti suoi compagni più in vista nei G.A.P., ma è un bene che sia stata messa nero su bianco, perché merita davvero di essere conosciuta.

Giulia R.

 

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